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"Dapprima ad uso familiare, rivolgendosi ai nipoti, poi per una cerchia più vasta, perchè chi c'era non dimentichi e chi non c'era sappia, Umberto Di Dio continua a raccogliere spigolature di memoria: piccola memoria personale che diventa sapore di un'epoca scomparsa. Il sottotitolo, 'Storia di una vita normale tra immagini e parole', dice molto. C'è lo sforzo iconografico, con fotografie seppiate di famiglia, cartoline d'epoca, e illustrazioni disegnate a corredo del testo per ricostruire fattezze remote. Ci sono ovviamente le parole, che alternano ricordi personali al catalogo di luoghi, oggetti, personaggi che non esistono più. In ordine sparso: le feste popolari (a 'ntinna, la corsa nei sacchi), i gesti perduti come la sbucciatura collettiva delle mandorle, i sapori e gli odori ma più ritrovati, le vergogne infantili e le infantili sfrenatezze, le figure strampalate e vive della Catania degli anni Cinquanta e Sessanta (citiamo fra tutti Pippu pirnacchiu), gli incontri e gli affetti, le classiche 'piccole cose senza importanza' che sono però, ovviamente e giustamente, importantissime per chi le ha vissute. Ecco infatti, sempre nel sottotitolo, quella 'vita normale' che però ambisce a farsi storia. Nel segno di un Vorrei... (vorrei sentire ancora quei sapori di mezzo secolo fa, vorrei rivedere i morti, vorrei rivivere la potenza delle emozioni, vorrei tornare indietro nel tempo) consapevole di essere meno che ipotetico". (Giovanna Zucconi)